Il nuovo libro di Carlo Tedeschi “Leo Diari di Carlo” pubblicato da Edizioni Dare, è un insieme di aneddoti, poesie e ricordi, tutti ricchi di passione, gioia ma anche dolore e sofferenza in cui viene ricostruita con estrema fedeltà la figura del maestro Leo Amici. Parole di ammirazione, di rinascita e di riscoperta di cui parleremo con Carlo Tedeschi per approfondire la conoscenza di entrambi i personaggi.
In questo nuovo libro lei torna a parlare di Leo Amici in una veste più intima, più personale che permette ai lettori di conoscerlo meglio, di sentirlo vicino, ma allo stesso tempo anche lei mette a nudo la sua personalità. Da dove nasce questa esigenza?
Anche se apparentemente ognuno svolge la propria vita, ognuno di noi fa parte del “tutto” e siamo collegati l’uno all’altro, come fossimo vasi comunicanti il cui contenuto dell’uno scivola in quello dell’altro e alla fine siamo tutti nello stesso livello e cioè facciamo tutti parte di un immenso disegno e del banco di prova che è la nostra vita.
Non ho niente da non dover dire, da non dover trasmettere, anzi quello che ho vissuto e quello che mi è stato donato dalla vita e dalla grandezza e perfezione che contiene, lo considero tanto di più e per questo motivo mi è sembrato giusto che alla richiesta di molti di pubblicare i miei diari io potessi metterli a disposizione ed in circolazione, sperando possano aggiungere del buono e del bello.
Nel libro scrive che nulla avviene per caso, che incontriamo le persone per un motivo ben preciso e che questi incontri hanno sempre un significato e un’importanza nella nostra vita. È quello che è successo a lei e tante altre persone che hanno incontrato Leo Amici: in che modo ha cambiato le vostre vite?
Tutto è forza, tutto è energia ed egli spontaneamente elargiva e proiettava nelle nostre persone il suo amore, la sua conoscenza, il suo sapere che rinvigorivano le nostre anime, ma anche le cellule del nostro corpo instillando, goccia dopo goccia, luce, calore e sapienza che permettevano alle nostre persone di avere il coraggio di realizzare i propri sogni seguendo la parte più intima di noi stessi e la nostra vera natura.
Lei chiamava il maestro “padre”, il gruppo “famiglia” e il luogo in cui vi ritrovavate “casa”. Quanto profondo era il sentimento che vi legava e come lo descriverebbe?
Penso che il sentimento profondo che mi legava a Leo Amici e a agli altri lo descriverei come “filo conduttore” di ciò che da lui arrivava, ma che nello stesso tempo mettendo la propria personalità, la propria individualità e la propria libertà d’azione, diveniva anche acqua di sorgente per altri.
La profondità dei sentimenti che causavano questo processo non può che chiamarsi, come la definiva il Cristo, fratellanza.
A tal proposito Leo Amici diceva che la fratellanza è “una fusione di persone che si assorbiscono la sostanza della comprensione, avvolgendosi di un senso e delicato amore…”
Io nella vita di ogni giorno lo chiamavo maestro… è nel mio cuore che lo consideravo un padre, perché si comportava da tale con me, ma era anche compagno, amico e così con tutti.
Spesso, quasi come se guardasse dall’esterno, lei osservava il maestro e lo definiva sconcertante. Aveva l’impressione che chi non lo conoscesse lo giudicasse senza capirlo?
In effetti chi non lo conosceva lo giudicava senza capirlo, ma solo chi rimaneva distante, perché chi andava a conoscerlo, dopo aver pensato male o aver sentito parlare male di lui, doveva per forza cambiare opinione.
Lui stesso diceva di sé: “mi crede solo chi mi ha praticato, che ogni gesto mio ha ben veduto”; e ancora: “se non credete a me guardate in cielo, pure le stelle stanno appassionate…”
Io stesso non mi sono potuto mai abituare al suo modo di essere, alla sua infinita comprensione, alla sua pazienza e alle sue attese e anche per me in certi momenti era sconcertante vedere come non tradisse mai se stesso e la “legge di Dio”.
L’amore è il tema centrale di questo libro, un amore inteso in un modo diverso rispetto a quello terreno, un amore spirituale, un amore incondizionato, un amore senza fine, che si rinnova di giorno in giorno. “Solo amandovi fra voi poi amerete me” diceva Leo Amici. Quanto è stato e quanto continua ad essere grande questo amore?
Anche dopo la sua morte, avendoci sempre indicato la strada per giungere a Dio e trasmesso la sua conoscenza personale, la mia ricerca e così quella degli altri che lo hanno conosciuto, è continuata senza interruzioni.
Quando si arriva alla certezza di Dio non si può più tornare indietro ed era quella la certezza che Leo Amici indicava se volevi arrivare fin lì e dunque l’amore non può esaurirsi, perché dopo quel passaggio si ha bisogno di esprimerlo e praticarlo sempre di più.
Se dovesse scegliere fra tutti i ricordi e i momenti vissuti, qual è quello che non dimenticherà mai?
Potrei dire il momento del mio primo abbraccio con lui, potrei dire l’ultimo saluto al suo letto di morte… ma dovrei altresì riempire un libro tra questi due punti, come in effetti già ho fatto, perché il mio ricordo non è tanto la sua immagine terrena, quanto la sua anima che racchiude tutti quei momenti importanti che sono stati meravigliosi.
In questo lungo percorso ci sono stati anche momenti difficili e di sconforto, perché? Cos’è questo “male” che ogni tanto emerge dalle pagine?
Il male, diceva Leo Amici, è tutto ciò che procura male al tuo prossimo.
Diceva anche che era una forza negativa con una carica di distruttiva.
Amare il proprio prossimo significa proprio questo, superare quello che divide un essere umano dall’altro, i propri limiti, la sfera intima della propria personalità ed è proprio lì che si insinua il male, che è un male che ci perseguita dall’alba del nostro pianeta in cui ci sono sempre state le guerre fratricide e siamo dunque sempre l’uno contro l’altro fino ad oggi.
Amore, compassione, devozione, fratellanza sono tutti valori che emergono dal libro e che il maestro predicava ma soprattutto praticava. Quanto è difficile oggi diffondere questi valori che sembrano perduti?
Sembra difficile diffondere i valori nel mondo di oggi, anche se diffondere è una parola per me sbagliata, bisogna praticarli per come la domanda lo descrive bene.
Nessuno può mettersi in una cattedra e fare il “maestro”, nemmeno Leo ci si è messo.
Dicevo, sembra difficile amare perché lo si chiede sempre all’altro o si vuole subito la contropartita, ma se ci si riempisse solo di quello che si dà, ogni contropartita sarebbe una sorpresa accolta nella giusta maniera, appunto senza alcuna pretesa e questa è la chiave.
A proposito di amore, sono certamente due le persone che lei ha amato tanto, il suo maestro Leo Amici e sua moglie Daniela. Come si fa ad affrontare la perdita delle persone che amiamo? Cosa diceva il maestro rispetto alla morte, al dolore?
Il dolore è una realtà dell’umanità anche se bisogna riconoscere che spesso molti dolori ce li andiamo a cercare, ce li procuriamo da soli.
La perdita delle persone che amiamo non si può colmare con nulla, è una perdita e basta.
Tuttalpiù si può accettare il rimpianto di non poter più vedere quegli occhi, toccare quelle mani, amare quelle espressioni che hanno riempito il cuore, hanno dato conforto, hanno riscaldato il freddo di certi momenti della nostra vita.
E comunque per Leo Amici la morte era “vita, gioia e amore”… in quest’ottica, sapendo che esiste un’alternativa dopo la morte, un’alternativa vera dove la presenza del male non inquina più, tutto ciò dà conforto alla mancanza.
Il male è stato riversato nell’universo dando senso alla nostra vita che si evolve, matura e raggiunge alti livelli sconfiggendolo.
Lei è senza dubbio l’erede spirituale di Leo Amici; cosa significa questo? Quanto è emozionante e allo stesso tempo difficile avere questo testimone in mano?
L’aggettivo “emozionante” per essere l’erede di Leo Amici la difficoltà dell’avere il testimone nelle mie mani” è solo nella ragione, nella razionalità, perché nel cuore è avvenuto tutto con naturalezza e le difficoltà reali, vere, concrete che sembravano anche impossibili da superare, sono diventate possibili attraverso la fede, la provvidenza e la forza dei famosi vasi comunicanti che arriva puntuale, esatta, precisa quando di te hai dato il massimo. Ecco così che interviene un’altra forza superiore che non appartiene a te stesso, ma all’universalità, che appartiene anche alla sfera del soprannaturale e del trascendente.
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