Intervista a Anna Maddalena Belcaro

Intervista a Anna Maddalena Belcaro

C’è un omicidio commesso quattro secoli anni fa, di cui sono noti i mandanti e gli esecutori, che ancora grida vendetta. È quello del filosofo Giordano Bruno, arso nel rogo di Campo de’ Fiori, a Roma, il 17 febbraio 1600. A vendicarlo idealmente, con una straordinaria invenzione letteraria, è Anna Maddalena Belcaro nel romanzo Giordano Bruno e la ruota delle vicissitudini. Avventure filosofiche.

Professoressa Belcaro, da dove nasce l’idea di un libro su Giordano Bruno?
La figura di Giordano Bruno ha sempre suscitato su di me un grande fascino, non solo per la sua tragica fine. La sua vita e il suo pensiero sono stati rivoluzionari sotto molti punti di vista: la ribellione alla vita sacerdotale, la ricerca di un insegnamento universitario fisso per merito e non per conoscenza, la comprensione profonda e intima della novità compresa nella teoria copernicana. La lettura dei suoi testi è assolutamente eccezionale sia per il linguaggio che per il contenuto. La metafisica medievale e la nuova scienza si uniscono in un’integrazione che produce continuamente spunti e influssi inediti. Giordano Bruno scopre l’infinito e offre agli uomini la possibilità di goderne la implicita libertà che esso contiene senza paura.

A quale genere letterario si ascrive il libro “Giordano Bruno e la ruota delle vicissitudini”?
Mi piacerebbe rispondere “romanzo storico” o anche “fantascienza”. Intendevo offrire a Giordano Bruno una seconda possibilità, volevo puntare il dito contro assassini che tuttora godono di onore all’interno della chiesa cattolica.

Il libro reca come sottotitolo “Avventure filosofiche”, come un suo precedente testo, “Effetto Spinoza” del 2020. Si tratta di un progetto unitario?
La scrittura dei miei libri è legata al progetto unitario di far vivere la filosofia al di fuori degli ambiti accademici. Invento storie basate su sistemi filosofici, così come li ho capiti e, in parte, vissuti. Non voglio ripetere che cosa ha pensato il filosofo, ma aprire una finestra sulla possibilità di influire sulla propria vita tramite le illuminazioni di profondi pensatori.

Cosa è la ruota delle vicissitudini di cui si parla nel titolo?
Per Giordano Bruno tutta la materia ha un’unica matrice: questo è un pensiero che la scienza moderna ha stabilito. La vita è una forza, un’energia che la morte non può fermare. Le vicende con i loro protagonisti si ripetono in modo ciclico, come lungo una ruota. Giordano Bruno ripete il motto dell’Ecclesiaste, “Non c’è niente di nuovo sotto il sole”. Il presente è una eterna ripetizione del passato. Il futuro esiste solo per le menti profetiche.

Il libro è ambientato nella comunità di Achedjar, nel pianeta delle seconde occasioni, ci descrive questo mondo molto simile alla Terra?
Una delle tante teorie sull’universo e sulla presenza di organismi al di fuori della terra afferma che la vita deve essere probabilmente molto simile alla nostra. Ho preso spunto dalle montagne piatte del Brasile e del Venezuela – tepuis -, dalle pareti verticali di villaggi tibetani, dagli imponenti ruderi di Mohenjo-daro e Harappa in Pakistan: posti favolosi dove la vita e la storia sono corsi e corrono a un passo indecifrabile.

Le vicende narrate cominciano dopo la morte di Giordano Bruno. Quale è la dimensione temporale della narrazione?
Il tempo temporale della narrazione è un periodo extra-temporale che comincia dopo la morte di Giordano Bruno, tra personaggi mitologici e reali. Si conclude con la narrazione immaginaria del viaggio da Venezia ad Ancona, sul quale non ci sono documentazioni. È l’ultima occasione per Giordano Bruno di vedere il mondo che tanto amava, solo con i suoi pensieri e la sua tremenda voglia di vivere. Aveva qualche sottile speranza di farcela, ma in fondo al cuore sapeva che la sua vita era finita.

C’è una idea o concetto nella filosofia di Giordano Bruno che l’ha colpita particolarmente per la sua attualità o modernità?
Tutto quello che scrive Giordano Bruno è attuale e moderno, anche quando cerca di accordare obsolete idee medievali alla nuova concezione dell’universo. Il suo lavorio intellettuale è di una potenza estrema: l’universo non ha più un centro, lo spazio si espande ed è possibile navigarlo per l’uomo che cerca l’autonomia del pensiero e la sua libertà. Sicuramente la personalità di Giordano Bruno si afferma con i suoi tratti positivi e, se vogliamo dirlo, controversi. Ha  saputo affrontare sé stesso e si è manifestato nella sua totalità per tutta la sua vita. Sapeva di possedere competenze che pochi erano in grado di comprendere e tanto meno di condividere e ha avuto il coraggio di metterle in mostra e di trasformarle in pensiero.

A quali autori si è ispirata, oltre naturalmente Giordano Bruno?
Sicuramente Hermann Hesse, Isaac Basevic Singer, Lion Feuchtwanger, Dino Buzzati, Clive Staples Lewis, William Somerset Maugham. La letteratura russa di Dostojesky, Tolstoi e Pasternak è sempre con me. Curzio Malaparte è un personaggio che Giordano Bruno avrebbe scelto come amico. Come pensatore Giordano Bruno è un caso a parte, al di fuori delle grandi correnti filosofiche. Il suo modo di scrivere anticipa la scrittura di Friedrich Nietsche, tra lo speculativo e il poetico-fantastico. Per Nietsche c’erano solo due filosofi, Bruno e Shopenhauer.

Alla fine del libro è riportata una bibliografia delle opere consultate, come se si trattasse di un saggio. Qual è stato il suo modus operandi nello scrivere questo libro?
Leggere molto e interiorizzare, fare collegamenti. Permettere a Giordano Bruno di esprimersi. In fondo voleva molto poco: un ambiente che gli permettesse di esprimersi e, magari, qualcuno con cui condividere la vita. Mi piacerebbe capire perché alcune storie di vita vanno così terribilmente male, perché c’è un errore apparentemente insignificante che determina il corso fatale degli eventi. Si può dire che Giordano Bruno ha sbagliato a fidarsi dell’indipendenza di Venezia da Roma, a fidarsi dei nobili, della logica e della ragione. Se vogliamo si può pensare questo, in realtà l’unica spinta per Giordano Bruno era una forza vitale che accettava il rischio come condizione di partenza, che sfidava le circostanze oltre il ragionevole. Già, ma che cos’è il ragionevole?

Professoressa Belcaro, ci parli un po’ di lei.
Cerco di cogliere nel quotidiano i dettagli che possono dare un poco di luce a tutto lo scenario che mi circonda. Amo molto le attività all’aria aperta. Leggo, scrivo e studio la fisarmonica.

Sappiamo che è già al lavoro per scrivere un terzo libro, ci vuole anticipare qualcosa dei suoi progetti?
Il terzo libro si intitolerà “La lanterna magica di Leibniz, Kant e Scopenhauer”. Tre autori messi a confronto con il loro pensiero e le loro scelte di vita. Leibniz voleva integrare la metafisica con la scienza, costruire un linguaggio universale per la comprensione tra i popoli, utilizzare la scienza per migliorare la vita delle persone. Kant spazza via il pensiero antico e medievale con le sue assurde e non fondate credenze sul mondo, l’anima e dio. Crede che l’uso della ragione e la scienza daranno agli uomini una nuova società, giusta ed equilibrata, basata su regole universali di comportamento. L’uomo vede la realtà, che esiste, con i suoi occhiali costituiti dal tempo, dallo spazio e dalla causalità. Shopenhauer afferma la vita come una forza bruta e travolgente: considera gli uomini in modo realistico, sospinti da e in balia di passioni. La vita non si cura degli esseri che produce, essa è fine a sé stessa. Solo la musica e l’arte possono consolare gli uomini in modo temporaneo. Le vicende dei tre filosofi sono romanzate: le loro vite esprimono a fasi alterne il loro pensiero e, allo stesso tempo, lo contraddicono. Come sarebbe la vita se le idee dei tre filosofi si realizzassero nell’esistenza quotidiana? Gli uomini sarebbero in grado di dialogare, la logica attribuirebbe la forma al comportamento singolo e collettivo degli uomini, l’arte e la musica ci farebbero dimenticare il desiderio e la noia.

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