Il cancro è la forma più perversa di suicidio assistito, dove lui – il cancro – pilota senza patente un percorso mortale in cui alla fine si suicida anche lui.
Il cancro non è una malattia, ma l’intifada della biologia, nella quale lui tira i sassi che sono le metastasi – conosciute anche come “secondarismi”. Vivere la malattia tumorale è fare un viaggio nell’antimateria di una cellula che biologicamente è “SENZIENTE”, ma mai “CON-SENZIENTE”, visto che per esserlo dovrebbe avere la nostra partecipazione attiva…
Essere malati oncologici vuole dire vivere in trincea ogni minuto della propria esistenza come se fosse l’ultimo, senza pensare a lui; in questo, l’uomo può – se vuole crederci – pensare di essere superiore all’anticristo che tale cellula rappresenta, domando la paura della morte che è l’espressione ultima e lo scopo del tumore, che uccide la mente attraverso il suo nome ancora prima di essersi messo a dimorare come un qualsiasi cittadino del mondo nelle viscere altrui. Il cancro infatti è un cittadino del mondo che noi inventiamo con la nostra mente, cercando di sconfiggerlo biologicamente, trascurando il fatto che il cancro è il suicidio della stessa biologia che mina la nostra persona per poi morire insieme a noi in un matrimonio morganatico, dove lui resta un convivente more uxorio.
Il cancro pensa anche per noi che smettiamo di pensare a causa della paura, e così Diciotto millimetri di indifferenza è diventato un soggetto da XFactor, un talento di devastazione, dove lui continua a pensare anche quando noi smettiamo di farlo perché imbottiti di morfina, che non ci fa sentire tutto il trambusto che lui pratica con i suoi secondarismi per andare da un organo all’altro…
In questo lui è un essere pensante monotematico, che crede troppo in se stesso e non si aggiorna sui protocolli della fantasia, dove lui non può entrare, perché noioso e sempre dedito allo stesso argomento: “colonizzare” per poi fare “harakiri” con noi…
In questo possiamo dire che il cancro – o particella scomunicata da Dio – ha un quoziente intellettivo da diciotto millimetri di indifferenza.
Inspiegabilmente, il cancro non mina mai direttamente il cuore, che è muscolo di emozioni, un socio a partecipazione diretta della nostra coscienza; stranamente va dappertutto prima di arrivare al motore unico della nostra persona, come se volesse – e in questo pensa – pervicacemente infliggere sofferenza con calma, senza fretta.
La ricerca è atto di curiosità, intuizione che deve pensare a un cittadino del mondo che non vuole morire per noi, ma diventare un trofeo, un monumento, un premio della meritocrazia scientifica.
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