Intervista a Umberto Dodero

Intervista a Umberto Dodero

Il libro di Umberto Dodero intitolato 40 anni in Regione tratta un viaggio lungo una vita: quella di Bruno. Un romanzo a tratti di formazione, con basi storiche ed autobiografiche in cui emerge forte la denuncia nei confronti del sistema e della politica. Approfondiamo le varie questioni con l’autore.

Umberto Dodero, quali sono gli episodi fondamentali nella vita del suo protagonista Bruno?
Sicuramente l’incontro di Roberta, la sua compagna che lo convincerà a intraprendere il percorso per entrare nella Pubblica Amministrazione. L’assunzione alla Regione determinerà per sempre le sue scelte, il suo stile di vita sia lavorativa che privata e finanche sentimentale. Parimenti miliare sarà il distacco dalla Regione che per quanto triste gli lascerà l’esperienza di tutta una vita.

Durante la sua giovinezza Bruno ha cambiato numerosi lavori; con quale stato d’animo si approcciava ad ognuno di essi?
Con la speranza di arrivare all’autonomia economica, poter conquistare l’indipendenza e avere le basi per progettare il proprio futuro.

La tendenza a legare un buon lavoro ad una vita felice è molto diffusa… Lei che posizione assume di fronte a questa che sembra una “verità generale”?
Poter contare su un lavoro per sopravvivere non può essere di per sé indice di una vita felice. Un’attività lavorativa in cui la persona si sente realizzata o potrà realizzarsi influenza positivamente quasi ogni momento della sua giornata.

Quante opportunità di crescita, lavorativa e personale, ha offerto a Bruno la terra sarda?
Ne ha offerto eccome! Lui ne ha saputo cogliere diverse anche se ha commesso degli errori che ne hanno compromesso o ne hanno ritardato il buon esito.

Lavorativamente parlando, come ha elaborato Bruno le batoste generate dal rifiuto?
Sulle prime con la rabbia, poi con la riflessione e quindi la reazione; raramente con la rassegnazione. Non di rado però, egli è riuscito a venire a capo di questi momenti critici mettendo in discussione se stesso.

Chi sono le persone più importanti per Bruno e perché?
Nel privato le persone alle quali è stato legato sentimentalmente che hanno riempito quella voragine di solitudine che avrebbe voluto deprimerlo. Nel lavoro i “Grandi della Regione”, rari modelli di stile, di cultura e di generosità. I maestri dai quali ha imparato a “vivere”.

Cosa porta Bruno ad avere una visione disincantata dell’ambiente politico?
Lo ha conosciuto, e lo ha conosciuto bene. Si è reso conto che anche il candidato più pulito e onesto viene colpito da questo “virus” terribile che attacca tutti quelli che arrivano al potere. Il virus, in breve, si impossessa di ognuno di loro e – sotto forma di un delirio di onnipotenza – ne altera la personalità e ne annienta integrità e coerenza. In altre parole quasi ogni politico eletto per servire la collettività (sotto lauto compenso) si serve di questa per il proprio tornaconto privato.

Bruno può essere definito il suo alter ego? Quali sono i punti di contatto e di divergenza tra di voi?
Bruno sono io. Al di la della recensione presentata dall’editore l’opera è tutt’altro che una storia di fantasia con riferimenti alla realtà. Si tratta invece di un romanzo autobiografico in cui l’autore ha preferito una narrazione in terza persona al fine di porre il lettore in una condizione più obiettiva quando si trova a valutare la condotta del protagonista.

A suo modo di vedere, che posto ha la meritocrazia in Sardegna e in Italia? E nella sua esperienza di vita?
Difficile dirlo, perché da un punto di vista egoistico ognuno di noi grida all’ingiustizia se non riesce o ritiene di non essere stato valutato a dovere. Certo, chi come me si è reso conto – pur non essendo parte in causa – che tanti posti “chiave” sono occupati da galoppini, ruffiani o “teste di legno” anziché dalle tante “teste d’uovo” che vengono “parcheggiati” in posti qualsiasi non può che pensare che qui da noi la meritocrazia sia riconosciuta raramente.

Ad oggi, quanta fiducia ha nella politica?
Per i motivi che ho esposto, ad oggi non molta. Pensare di farne a meno sarebbe folle perché la politica – come presupposto –   dovrebbe fungere da collante che promuove la scienza economica, l’organizzazione sociale, la gestione dei beni materiali, delle risorse umane e così via. E’ chiamata quindi a stabilire e determinare il nostro avvenire. Quello che non si è ancora ottenuto dai politici è un rapporto di immedesimazione con il “datore di lavoro” che li ha voluti e li stipendia: il corpo elettorale.

Quali caratteristiche crede debbano avere i giovani per raggiungere risultati a livello lavorativo?
Quelle dei loro padri e dei loro nonni: preparazione, costanza e determinazione. E umiltà.

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