Il Gioco delle Ombre è il secondo libro della serie di avventure dell’investigatore per caso Mae Son-Jun. Un giallo ambientato in Inghilterra, nel Distretto dei Laghi. Precisamente il protagonista di Marta Brioschi è ospite di un’eccentrica signora francese che ha affittato per lui e la sua famiglia un’antica dimora appartenente al centenario Barone di Windermere. Il soggiorno si rivelerà presto tutt’altro che una rilassante vacanza, quando una misteriosa quanto affascinante ragazza appena conosciuta lo coinvolgerà suo malgrado in una fitta rete di misteri in cui nessuno dei personaggi che popolano Hiraeth House sembra essere escluso, maggiordomo compreso.
Addentriamoci in questo giallo: Marta Brioschi, che tipo è il protagonista de “Il Gioco delle Ombre”?
Son-Jun è un uomo estroverso, spontaneo al limite dell’eccentrico, curioso, ma anche ribelle. Intriso della spiritualità orientale, ma al contempo critico nei confronti di alcuni aspetti della sua cultura di provenienza. È un uomo la cui vita ruota intorno ai rapporti familiari verso cui è molto protettivo. Nella Casa Gialla l’abbiamo incontrato figlio alla ricerca disperata della madre perduta e lo ritroviamo nel Gioco delle Ombre come buon marito e ottimo padre. È anche un viaggiatore naturale, e infatti nella serie lo vedremo spostarsi da un Paese a un altro come un vero cittadino del mondo. L’impressione generale che dovrebbe trarne il lettore è di un personaggio complesso, ma assai poco complicato, in realtà la sua anima serba ricordi ancora vivi di un passato traumatico, per ora appena intravisto e che emergeranno a poco a poco con lo sviluppo del progetto di scrittura.
In che modo questo romanzo è connesso al precedente “La Casa Gialla”?
Ovviamente c’è lo stesso protagonista, che quattro anni dopo gli eventi narrati nella Casa Gialla è finalmente uno scrittore di successo, si è sposato e ha avuto una figlia. In pratica continuiamo a seguirne l’evoluzione, la crescita, osservandolo da una nuova prospettiva.
C’è una domanda che unisce i due libri? Quale? E in che modo rispondono i due romanzi?
La domanda centrale è di tipo esistenziale ed è una domanda che in un qualche punto della vita ci siamo posti più o meno tutti e cioè: “Quanto pesa sulle nostre scelte l’eredità familiare, culturale, economica e sociale che ci portiamo sulle spalle, come influisce sulla realizzazione del nostro progetto di Vita?”. In pratica, mi sono domandata e domando ai miei lettori se questa eredità possa essere tanto pesante da diventare il nostro Destino, oppure se viceversa possiamo liberarcene ed essere dunque completamente padroni delle nostre scelte. E se ciò fosse possibile, a che prezzo? Nella Casa Gialla a tentare di dare una risposta a questa spinosa domanda è proprio il protagonista. Il Destino tracciatogli dal padre e dalla cultura patriarcale di provenienza lo vorrebbero chiuso in un mondo piccolo e in un ruolo preconfezionato e lui non ci sta. Così rinuncia agli agi che gli garantisce la posizione economica della sua famiglia e si spinge molto più in là della sua zona di confort per inoltrarsi in un mondo sconosciuto, senza punti di riferimento, sulla base di un impulso e di un desiderio irrealizzato. Nel corso del viaggio, imparerà a conoscere meglio se stesso e troverà una nuova strada da percorrere, ma anche una nuova chiave di lettura del suo passato, con cui saprà infine riconciliarsi.
Nel secondo libro, invece, abbiamo nuovi personaggi che in diversa misura dovranno fare i conti con il proprio passato e che imboccheranno una strada diversa, quasi speculare rispetto a quella presa da Son- Jun, rimanendo prigionieri e vittime del passato da cui avrebbero invece voluto affrancarsi. In sostanza, la mia personale conclusione è che non sono gli eventi e le persone, tantomeno i traumi del nostro passato a determinare il nostro futuro. Sono invece il significato che vi attribuiamo e il nostro modo di reagire ad essi a contare. In tal senso possiamo sempre scegliere cosa fare, come interpretare l’eredità che riceviamo dal passato, per quanto opprimente e dolorosa sia stata e solo in questo risiede la nostra libertà di autodeterminazione. Ma ovviamente ogni lettore sarà libero di trovare la propria risposta al quesito.
Perché ha scelto il titolo “Il Gioco delle Ombre”?
Innanzitutto perché le ombre rappresentano una forte suggestione. Il termine e l’immagine che questo è in grado di evocare si coniugano senz’altro bene con un romanzo che parla di misteri. E poi il gioco associato alle ombre crea un piccolo cortocircuito, richiamando l’idea di qualcosa di innocente, legato all’infanzia che si contrappone ad una minaccia indefinibile, muta forma, dai contorni sfumati. La trama del libro è ricca di ombre, ma ne è ricco soprattutto l’animo dei personaggi che la abitano e su cui i lettori sono chiamati a far luce cogliendo gli indizi che ho lasciato tra le pagine.
A cosa si è ispirata per narrare i luoghi e i personaggi del libro?
A ciò che amo e conosco. Il Lake District è uno degli angoli dell’Inghilterra che amo di più, per i panorami mozzafiato, ma soprattutto per le atmosfere molto suggestive. Tutti i luoghi che cito sono esistenti e li ho visitati personalmente. Per i personaggi mi sono ispirata alle persone che ho conosciuto o semplicemente incontrato nel corso dei miei cinquantasei anni di vita… e naturalmente ci ho messo qualcosa di me e della mia famiglia. In particolare, la piccola Han-Ji, la figlia del protagonista, è un ibrido tra le mie due figlie quando avevano la sua età.
In che modo i suoi spiccati interessi per i dettagli, l’enigmistica e le culture straniere si sono concretizzati nella storia?
Io sono nata a Milano alla fine degli anni Sessanta in un quartiere semi-periferico. Negli anni Settanta non era una zona sicurissima per i bambini ed essendo anche figlia unica trascorrevo molto tempo da sola nella mia cameretta, nel tempo libero. Non c’erano televisione o iPad che potessero distrarmi, così mi appassionai alla lettura ancor prima di entrare alle elementari. Leggevo molto e osservavo altrettanto. Crescendo ho preso l’abitudine di immaginarmi la vita delle persone che vedevo passarmi accanto per strada basandomi sul portamento, gli abiti che indossavano o altre caratteristiche fisiche e gestuali. D’estate trascorrevo le mie vacanze con mia nonna materna, una maestra in pensione, che parlava poco, ma mi faceva camminare molto ed era appassionata di enigmistica, passione che condivideva volentieri con me perché oltre alla lettura, era convinta mi aiutasse ad ampliare il mio vocabolario. Sempre al tempo in cui ero ancora piccola, mio padre viaggiava moltissimo, soprattutto in Asia e riportava a casa oggetti e souvenir su cui fantasticavo per ore. Tutto questo ha influenzato moltissimo la persona che sono oggi e dunque anche i miei libri, che sono una mia proiezione.
Ci parli del suo stile di scrittura; chi sono le sue muse ispiratrici?
Oltre ai grandi classici della letteratura italiana, principalmente gli scrittori inglesi e americani a cavallo tra ‘800 e ‘900. Per i gialli nello specifico, direi che la mia prima fonte d’ispirazione è Agatha Christie.
Quale è stata la sfida più grande nella scrittura di questo libro?
Creare lo scheletro della storia gialla e mantenere il ritmo della narrazione.
Con Eleonora Marsella della neonata Be Strong Edizioni, che ha pubblicato questo giallo, avete pensato ad una vera e propria caccia al tesoro legata a “Il gioco delle ombre”. Come possono giocare i nostri lettori?
Sul mio profilo instagram (marta.brioschi_official) esiste un archivio di storie dal titolo #scavengerhunt, cioè caccia al tesoro, in inglese. Lì dentro è disponibile una cartina nazionale dove sono indicate le città in cui la caccia è attiva e alcune foto con degli indizi che riportano ai nascondigli. Invito tutti coloro che ne troveranno una a farsi un selfie con la cartolina taggando me e la casa editrice (bestrong.project), oltre naturalmente, a seguire gli indizi sulla cartolina stessa, che li condurrà ad un paio di passaggi successivi on-line, fino ad ottenere un piccolo omaggio.
Ha programmi futuri per continuare la serie delle avventure su Mae Son-Jun?
Certamente! Ho appena terminato un nuovo libro giallo che uscirà in autunno e non c’entra nulla con la serie, perché avevo bisogno di una piccola pausa rigenerativa dopo due storie dedicate allo stesso personaggio, ma ora sono pronta a riprendere a braccetto Son-Jun per una nuova avventura. Ho già un sacco di idee e il titolo, che è “Ballo in Fa Minore” e una prima struttura di massima. Posso già anticipare che sarà una storia più cupa delle precedenti e scopriremo alcuni aspetti inediti e forse inattesi di Son-Jun.
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