Intervista a Gianni Verdoliva

Intervista a Gianni Verdoliva

L’appartamento del silenzio di Gianni Verdoliva, edito da Fides, racconta una storia che si sviluppa tra passato e presente in cui sono coinvolte più generazioni. Il teatro in cui si svolgono le vicende è l’appartamento ma il protagonista è proprio il silenzio che, se saputo accogliere, diventa la porta di accesso per un’altra dimensione. Parliamone con l’autore.

Gianni Verdoliva, quali personaggi ruotano intorno a quest’appartamento?
I personaggi sono diversi, si tratta di una storia corale, anche se alcuni hanno un ruolo significativo. Tutti, pur con intensità differenti, hanno un passato di sofferenza, anche profonda o vivono situazioni di inquietudine. Pur nelle umane imperfezioni sono tutti empatici e dotati di una sensibilità particolare che li rende ricettivi ai segnali che l’appartamento lascia trapelare attraverso il silenzio.

Le va di raccontarci per sommi capi la storia?
Beppe, un architetto paesaggista vedovo e ancora in contatto con l’anima della donna amata morta di parto visita un’elegante dimora invenduta da anni e soprannominata l’appartamento del silenzio, e decide che è il posto giusto per ricominciare a vivere. Ci porta i suoi due amati nipoti, Marcello e Stefano che si appassioneranno ai misteri dell’appartamento. Anche Gigliola, una donna sventurata vittima di violenza domestica, è accolta nell’appartamento come governante. Loro, assieme ad altri, dovranno unire i punti, cogliere il nesso apparentemente casuale di strani fatti per arrivare alla verità profonda delle cose.

Il tema del mistero e del paranormale accompagna sempre i suoi romanzi. Da dove nasce questa scelta?
Mi piace trattare temi particolari e rivolgermi ai lettori che ne sono richiamati. Il paranormale è spesso associato all’horror, nel mio caso preferisco dare un taglio diverso e ambientare le mie storie in contesti in cui il mistero aleggi nell’aria e sia un’atmosfera in cui i personaggi si trovano a vivere. Sono sempre stato appassionato di tutto ciò che riguarda il contatto con quella che può essere definita un’altra dimensione e con la parte più inconscia della nostra mente, mi piace riproporre questi temi, sotto varie declinazioni, ai miei lettori.

Quali temi pervadono questo racconto e a cosa è dovuta tale scelta?
Sicuramente il tema della responsabilità. Acquistare una casa e prendersene cura è una responsabilità, come lo è l’atteggiamento di cura, non soffocante, che i personaggi hanno gli uni verso gli altri. Anche la rinascita interiore, il riportare alla luce e potenziare la parte bella di ognuno, malgrado le brutture della vita.

Il silenzio nella nostra società ha pochissimo spazio, eppure lei nelle pagine prima del racconto vero e proprio cita una frase di Ernst Ferstl: «Il silenzio non fa domande, ma può darci una risposta a tutto». Cos’è per lei il silenzio?
Il silenzio è un’energia che, se accolta ed ascoltata, può dare grandi e positivi effetti su ognuno di noi. A cominciare dal riposo mentale che poi riposo non è ma è un lavoro mentale più efficiente, meno distratto da voci, rumori e baccano spesso inutile. Inoltre il silenzio aiuta a connettersi con la parte più profonda e più potente del nostro intimo.

Nel romanzo le piace descrivere i sentimenti dei personaggi, gli odori degli aromi e delle spezie, i sapori delle pietanze, le musiche che pervadono le stanze e persino i rumori che si percepiscono nell’ambiente. Da dove nasce l’esigenza di far entrare il lettore nella storia in questo modo multisensoriale?
Il mio obbiettivo è invitare il lettore a vivere un’esperienza che vada oltre la semplice lettura, in cui anche i sensi siano stimolati, per fare in modo che entri appieno nel libro, come se fosse li, invisibile, ad assistere agli avvenimenti.

Da dove le è venuta l’ispirazione per scrivere questa storia?
A Torino dalla visione di alcuni palazzi storici. Uno ha le pareti adornate di glicini, come la dimora descritta nel romanzo, il secondo è una casa elegante che si scorge dalla via attraverso un cancello e la terza è un’abitazione, nel cuore di un quartiere storico in cui, secondo quanto mi è stato raccontato dagli amici del gruppo Ricercatori Italiani Paranormale, sono stati segnalati fenomeni particolari, la cui descrizione mi è stata di ispirazione.

L’appartamento dentro cui si svolgono le vicende non è un appartamento ‘normale’. Ce lo descrive?
In effetti non è un classico appartamento e il soprannome è stato dato dalle agenti immobiliari che proprio da anni non riuscivano a venderlo perché i potenziali acquirenti erano sempre infastiditi da qualcosa di indefinito. Un largo giardino accompagna il visitatore fino a un portone di legno, superato il quale, a metà di un largo androne, c’è una scala che arriva fino al primo piano, il piano nobile. Li c’è l’appartamento in questione. Un ingresso, un largo corridoio, una sala da  pranzo che si affaccia su una larga terrazza e dall’altro lato le stanze, fino al salone doppio che da su un’ampia vetrata con vista su un giardino. Dietro, separata da due porte e senza finestre, la stanza della musica.

La sua è una scrittura delicata, elegante, composta e garbata. Quali sono gli autori che l’affascinano?
Giorgio Bassani sicuramente. Anche altri autori dell’800 anche se la loro scrittura ai giorni nostri è desueta. Cito anche Maupassant ed Eraldo Baldini, anche se è decisamente più noir rispetto a me.

Chi è Gianni Verdoliva nella vita di tutti i giorni?
Sicuramente impegnato, organizzato a seconda dei momenti. Sognatore con i piedi per terra. In genere silenzioso. Spesso un flâneur, alla ricerca di ciò che è insolito e fuori dal comune, dolcemente persistente nella ricerca degli obbiettivi.

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