- Rassegna Stampa
Si tratta di un’opera che mira a ridimensionare l’immagine che abbiamo di noi, pretesi uomini sapienti, che ci siamo gratificati con l’altisonante “Homo sapiens”, al quale ritengo andrebbe sostituito un più prosaico “Homo culus”, maggiormente aderente alla realtà storica e antropologica della nostra specie, feroce come nessun’altra e devastatrice del pianeta su cui viviamo, non ancora per molto, temo.
Perché “Homo culus”? Perché l’evoluzione della specie più che al cervello è legata all’assunzione della stazione eretta, alla quale dobbiamo il culo; ed essendo gli unici tra i Primati ad averlo, possiamo assumerlo come il vero elemento che ci caratterizza e ci distingue dal resto del mondo animale.
Quanto al percorso che mi porta ad affermare che il capitalismo è proiezione organica del culo, mi è impossibile riassumerlo in breve, e dunque rimando il curioso alle pagine.
Sono un vecchio ultraottantenne, che inesorabilmente avviato sulla strada del rincoglionimento, non avendo niente di meglio da fare, ha voluto dedicare alcuni dei suoi ultimi anni di vita alla stesura di un testo un po’ fuori dai binari del consueto; trattasi quindi di un deragliamento rivolto a chi ama le avventure del pensiero.
Silvano Plinio Dodero
Nasco figlio illegittimo a Genova nel lontano settembre del 1941 e vengo allevato da madre, zia e nonna a Boccadasse.
Carriera scolastica sofferta e disastrosa, la mia, più volte bocciato riesco faticosamente a diplomarmi Perito elettrotecnico, poi mi iscrivo alla facoltà di Fisica e all’età di anni 24, ancora studente, mi sposo e con mia moglie mettiamo su casa.
Poiché la giovinezza a qualcuno bisogna pur darla, la mia la do dapprima al PCI e poi ai gruppi extraparlamentari di sinistra prendendo parte attiva al ’68.
Alla soglia dei trent’anni, siamo nel ’71, conseguo l’altisonante laurea in Fisica elettronico-nucleare, e l’anno seguente, per intercorsa crisi politico-sentimentale, mi separo dalla mia signora; nel ’72 mi trasferisco a Milano a insegnare matematica nelle scuole medie superiori.
Nei primi anni ’70 mi occupo di Curdi e congiuntamente a Joyce Lussu fondiamo a Milano una “Associazione per i rapporti culturali con il popolo Curdo”, e nell’agosto del ’74, desideroso di una vita un po’ più vivace e avventurosa di quella di insegnante, mi reco, per conto di “Panorama”, in Iraq dove è scoppiata la guerra tra i Curdi e il governo di Bagdad ormai nelle mani di Saddam Hussein; trascorro un mese eccitante tra bombardamenti aerei, cannoneggiamenti terrestri e mitragliamenti, e riesco pure ad intervistare il leggendario leader curdo Mustafà al Barzani; ma, il mio reportage non verrà pubblicato perché nel frattempo Beppe Venosta, responsabile esteri di “Panorama”, con il quale ero in contatto, è dimissionario.
Nel ’90, baby pensionato, mi trasferisco a vivere nei Caraibi, in Repubblica dominicana, dove per tre anni ricopro la carica di segretario della “Comunidad de italianos en la Repubblica dominicana”, una bella esperienza ricca di eventi, di personaggi e di situazioni incredibili, in un paese di strepitosa bellezza; convivo con una giovane del luogo dalla quale ho una figlia; anche questa relazione naufraga e naufraga pericolosamente, sicché nel ’95, ottenuta in affido la figlia di tre anni, taglio la corda e rientro a Milano.
Faccio il padre a tempo quasi pieno e pigramente scrivo un testo liberamente autobiografico sulla mia adolescenza; malgrado l’appoggio di Aldo Busi e del germanista Giorgio Cusatelli non riesco tuttavia a farlo pubblicare e nel 2001 pubblico a mie spese con l’editore De Ferrari di Genova; l’anno seguente il romanzo dal titolo “Zero, virgola” vince il primo premio per la narrativa edita del XIV concorso letterario “Garcia Lorca” di Torino.
Nel 2010 divento nonno e al contempo inizo a dedicarmi alla stesura di un corposo scritto, “Homo culus”, sottotitolato, “Divagazioni sul capitalismo proiezione organica del culo”.
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