Lo stile teso, vibrante e molto pittorico di Silvia Burli crea delle immagini potenti e originali. Ha un senso preciso della struttura narrativa, che sprigiona un profumo che talvolta fa pensare a Juan Rulfo in intensità e profondità umana. C’è una consapevolezza arguta dell’aspetto fuggitivo delle cose, e una profonda inquietudine che infonde valore alla bellezza, ma anche un dono per esplorare i sentimenti umani che spaziano dall’innocenza alla crudeltà. Una prima opera potente ed originale che fa “Ascoltare il corpo farsi grande, scomparire nell’immensità”.
Daniel Odier
Silvia Burli, nata e cresciuta a Roma. Lavora in Rai dalla fine degli anni ‘80 e nel tempo ha spaziato in diversi settori dell’azienda, dalla vendita di diritti televisivi alla comunicazione istituzionale; oggi fa parte del gruppo di speaker che offrono la loro voce in varie produzioni televisive. Si occupa anche di grafica e arte, crea collage digitali e analogiche (www.silviaburli.com). La scrittura ha sempre fatto parte del suo processo creativo.
«Scrissi “Changàr” negli anni ‘90 e l’unica copia fu salvata in un floppy disk che andò perduto. Solo recentemente sono riuscita a riscrivere il romanzo, dando alla storia una diversa profondità e nuovi personaggi. E facendo un file di backup.»
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