Intervista a Valentina Vegni

Intervista a Valentina Vegni

Valentina Vegni, insegnante e archeologa romana, ha dato alle stampe, per Armando Editore, Orme di Marmo, un romanzo storico che è al contempo un romanzo di formazione. Una storia di imprese, trionfi, coraggio ma anche di sofferenza, dolore e lutto. Il tutto si svolge nella Roma del II secolo d.C….

Valentina Vegni, ci aiuti ad entrare nel libro. Quale storia ci racconta?
“Orme di marmo” racconta due storie: una narrata e una tessuta. La storia narrata ruota intorno alla costruzione della Colonna Traiana, a Roma. I protagonisti della vicenda vivono la loro vita ai piedi di questo monumento, lo vedono innalzarsi fino al cielo e trovano il loro posto nella Storia contribuendo alla sua edificazione. La storia tessuta è quella che ci racconta dei sentimenti vissuti dai protagonisti, di tutto ciò che li nutre nell’intimo delle loro anime: dietro ogni esistenza c’è un carico di amore, dolore, speranza, fiducia, riscatto, diversità… e soprattutto c’è il desiderio degli uomini di non scomparire nel nulla, ma di lasciare nel tempo un segno del proprio passaggio. I sentimenti intessuti in quest’opera raccontano un concetto in cui credo molto: ogni momento della nostra vita ha due piani di lettura, uno concreto e uno simbolico, uno tangibile e uno spirituale. Farli coincidere ci permette di costruire una nuova e più profonda dimensione della nostra vita.

Da dove nasce questo romanzo?
Il romanzo nasce da una scoperta casuale che feci anni fa, durante un’indagine archeologica al porto di Traiano, a Fiumicino. Scoprii su un mattone l’impronta di un piede con sei dita. Era una scoperta curiosa, che mi spinse con insistenza a chiedermi a chi sarebbe potuto appartenere un piede così particolare. Anche mio marito fu abbastanza insistente… era convinto che questa scoperta dovesse avere un futuro condiviso! Così iniziai ad immaginare un corpo per quel piede, e una famiglia che gli ruotava intorno. Da quel momento la storia ha preso vita, quasi da sé. Ed ora eccoci qui, a parlarne, a delineare il suo presente e il suo futuro… già condiviso!

Il titolo “Orme di marmo” si riferisce esclusivamente all’orma scoperta durante gli scavi cui faceva cenno o anche ad altro?
Il titolo è, insieme, una metafora e un augurio. È l’immagine simbolo della vicenda, perché su questa orma impressa nell’argilla poggia tutta l’architettura dell’opera. Ma è anche desiderio di una proiezione verso il futuro: è l’augurio che ogni impronta che lasciamo in questo mondo possa diventare di marmo, di quel materiale che per eccellenza trasmette le testimonianze del passato ai posteri, e lo fa nel modo più elegante, affascinante e suggestivo possibile.

In quale personaggio del romanzo si rispecchia maggiormente? E perché?
Il personaggio in cui mi ritrovo maggiormente è il protagonista, Lelio. Un uomo pieno di complessità stratificate, ma anche di risorse. Un padre a cui il destino ha strappato la più grande gioia che aveva, i suoi due figli. Dopo un lungo periodo di lutto e sofferenza, quest’uomo decide di dare a se stesso e alla sua famiglia una possibilità. Il suo percorso nella storia è un cammino di riscatto e di inclusione, di grinta e determinazione. Mi rispecchio in lui perché anch’io, qualche anno fa, ho vissuto le stesse vicende e le stesse sofferenze. E proprio come Lelio, dopo avere per lungo tempo accusato i colpi del destino, ho deciso che avrei dovuto dare una possibilità a me stessa e alla mia famiglia. Con la stessa grinta e determinazione. È stata dura, durissima… ma ne è valsa la pena.

Valentina Vegni, come si fa a gestire le sofferenze?
Più che gestirle, credo che le sofferenze vadano vissute. Non solo sul momento, ma soprattutto dopo, in fase di elaborazione. Se mi è concesso il termine, le sofferenze vanno ‘masticate’. Vanno assaggiate, fatte a pezzetti, assaporate nella loro amarezza ed autenticità, e poi vanno fatte nostre. Anche le sofferenze sono un nutrimento. Non conosco un altro modo per trattarle: solo così, credo, possiamo ‘gestirle’.

Scrivere questo libro ha avuto per lei una funzione terapeutica?
Ho iniziato a scrivere quest’opera, in cui due genitori perdono due figli, prima di perdere i miei bambini. Di sicuro, nel mio progetto inziale la funzione terapeutica non era prevista. Per molto tempo ho tenuto la storia da parte, in un luogo a cui potevo accedere solo a patto di fare i conti con la mia sofferenza. E per molto tempo non ho voluto. Poi sono arrivate le mie bambine, Elena Sofia e Lavinia, e a loro ho scelto di insegnare che ogni sofferenza deve arricchirci di qualcosa, altrimenti sarà stata vana. Così ho iniziato a guardare in faccia il mio dolore, ho provato a cercare le parole e le immagini più adatte per descriverlo, per dargli un nome. Solo sapendo con cosa avevo a che fare avrei capito in che modo mi avrebbe potuto arricchire.

Quali sono gli altri temi trattati?
I temi profondi sono molteplici.
La custodia della vita come bene supremo: tutti i personaggi si prendono cura della vita delle persone che hanno accanto, nel modo migliore possibile.
La ricchezza della diversità: il protagonista è un uomo Diverso, e questa sua caratteristica ne fa il fulcro su cui ruota il destino di un’intera epoca, oltre che della sua famiglia. La volontà: anche a costo di indicibili sacrifici e dolori, la volontà è il motore che spinge a superare i propri limiti per arrivare al di là della linea dell’orizzonte, del tempo e dello spazio.
Il potere curativo dell’amore, che rende eterna ogni cosa che tocca.

Ci piacerebbe che commentasse questa sua breve frase del romanzo: “Aspettare tempi migliori significava sprecare l’unico tempo che aveva, la propria vita.”
È proprio in questo senso che affrontare il mio dolore mi ha arricchito. Ho acquisito la mia prima autentica consapevolezza da adulta: il tempo migliore ce lo costruiamo noi ogni giorno, mattone su mattone, solo se cessiamo di aspettare il tempo che viene dal futuro e rendiamo speciale ogni momento che ci viene donato.

Ci parli un po’ di lei: chi è Valentina Vegni? Cosa fa nella vita? E che cosa sognava di fare da piccola?
Sono un’archeologa, e da qualche anno insegno alla scuola secondaria di primo grado. Sono una mamma e mi occupo della famiglia. Nella vita cerco di fare tutto seguendo un unico principio: tutto ciò che facciamo dice di noi molto di più di quello che diciamo. Da piccola, insieme ad alcuni compagni e sotto la guida di un grande Amico che oggi non c’è più, un giorno facemmo un gioco: scrivere su un biglietto cosa avremmo voluto fare da grandi, per poi confrontarci dopo dieci anni. Io scrissi che sognavo di diventare un’archeologa e una scrittrice e, in caso fosse stato necessario un piano B, avrei desiderato diventare insegnante.
Per il momento, posso dire che i miei desideri si sono realizzati. Speriamo che il futuro ne porti altri!

Nel campo della letteratura, chi sono i suoi autori preferiti?
Sono tanti, troppi da poter essere elencati senza fare torto a qualcuno… ma ci provo. Tra gli autori per me irrinunciabili ci sono i classici Greci e Romani; i classici Russi, Dostoevskij, Gogol’, Bulgakov, Tolstoj; poi Montale, De Roberto, Allan Poe, Márquez, Pirandello, Verga, D’Annunzio, Tolkien, King, Zola… potrei continuare, ma mi fermo qui.

Orme di marmo di Valentina Vegni, Armando Editore

Condividi la pagina su

Condividi la pagina su