Intervista a Stella Laporta

Intervista a Stella Laporta

Stella Laporta ci consegna la sua storia nell’autobiografia A notte fonda. Uno spaccato di vita vera dove l’autrice si racconta e ci racconta le difficoltà e, soprattutto, i traumi che lei, insieme alle altre donne della sua famiglia, ha dovuto affrontare; ma anche l’apertura a nuove speranze. Entriamo in punta di piedi nella storia insieme alla scrittrice…

Chi sono i protagonisti delle vicende narrate e che cosa succede tra loro?
Le protagoniste sono Stella e sua madre, alle quali la vita improvvisamente cambia – soprattutto per la piccola Stella – in una notte fonda in cui perde non solo il padre, ma anche la sorella amata. Da quel momento la loro famiglia si sgretola per sempre e le due dovranno affrontare le difficoltà della vita da sole, cosa che porterà all’istaurazione di un legame molto stretto tra loro.

In cosa l’evento traumatico narrato all’inizio del romanzo ha cambiato il suo modo di essere, di rapportarsi all’altro e al mondo?
Quando siamo piccoli ancora non riflettiamo su ciò che ci accade, ma credo che in quell’istante io abbia capito che non possiamo dare per scontata la vita e la famiglia. Da quel giorno ho avuto il compito di rendere felice mia madre e sentirmi responsabile del suo benessere. Ho iniziato a confrontarmi con lei e sono voluta diventare una donna forte e felice, non come mia madre, indifesa e sconfitta.

Com’è concepito il rapporto uomo-donna all’interno del romanzo? E nella società odierna?
Il rapporto uomo-donna all’interno del romanzo è un rapporto difficile che riguarda la lotta per il potere, il rispetto e la libertà. L’amore che nasce con passione si trasforma nel tempo in un sentimento di possesso e predominio da cui la donna si sente costretta a liberarsi, a fuggire anche a costo di mettersi in una situazione economica ancora più disagiata. Secondo me, questo è dovuto al fatto che le donne sono uguali agli uomini da meno di 80 anni; solo allora sono stati riconosciuti loro gli stessi diritti di voto e di lavoro. Prima, le donne erano subordinate agli uomini ed erano i mariti, i padri o i fratelli a prendere le decisioni per loro. È stato un processo lungo e penoso che continua ancora oggi. Molte cose sono migliorate, ma ancora oggi le donne devono lottare contro il ‘soffitto di cristallo’ nel mondo di lavoro e per non perdere i benefici o addirittura il lavoro quando, ad esempio, prendono la pausa di maternità. Per coniugare famiglia e lavoro spesso scendono di livello in modelli part-time o precari. Nella maggior parte dei casi è il marito o compagno a guadagnare di più e la scelta più sensata è che la donna rimanga a casa e di fatto l’uomo prende nuovamente il posto del capofamiglia.

Quanto è diversa oggi la condizione della donna come moglie e come individuo a sé stante rispetto agli anni ’60-’70, periodo in cui è ambientato il racconto?
Oggi, nel mondo occidentale, la donna non è più alla mercè dell’uomo. Tuttavia ho subìto sulla mia pelle che questo non è cambiato affatto nella mente di molti uomini. La violenza sessuale diventa solo nel 1996 un delitto contro la persona e non contro la moralità pubblica.
Anche se la condizione della donna è già molto migliorata negli ultimi 50 anni, c’è ancora tanto da fare per cambiare l’immagine della donna, ma anche quella dell’uomo. Dobbiamo lavorare sulla nostra mentalità, che sia normale che la donna lavori, che l’uomo faccia dei servizi in casa e si occupi dei figli. Sarebbe auspicabile che tutti avessero gli stessi diritti e venissero rispettati allo stesso modo. Spero che la discussione gender dei giovani di oggi ci porterà a una vera e propria uguaglianza.

Come si spiega il cambiamento di Giorgio, che dapprima sembra essere un compagno amorevole e poi si trasforma nell’uomo che Matilde non avrebbe mai immaginato di avere accanto?
Penso che sia facile essere amorevoli quando si è innamorati e senza impegni. Forse Giorgio era immaturo e non in grado di prendersi la responsabilità per una famiglia. Io lo conoscevo solo come una persona fredda, non in grado di trasmettere affetto, ma secondo i racconti di mia madre c’era stato un periodo di amore e passione tra loro o forse lei ha scambiato il sentimento di passione con quello dell’amore, nella sua inesperienza.

È ammirevole la sua capacità di riuscire a raccontare eventi personali talmente dolorosi… cosa l’ha portata a compiere questa scelta?
È stato davvero un percorso doloroso. Viviamo con i nostri traumi, li nascondiamo dietro una corazza, dietro tante attività per distrarci, ma un giorno arriva il momento di affrontarli. Paure che ci sono sotto sotto, ad esempio quando le figlie diventano adolescenti e in te cresce l’ansia che quello che è successo a te possa succedere anche a loro. A far traboccare il vaso è stata la pandemia, l’immobilità, l’essere in balia di un potere più grande senza via d’uscita, che mi ha fatto ripiombare in momenti di impotenza e mi sono sentita soffocare. Quindi ho chiesto aiuto a una psicologa e uno dei suoi consigli era proprio di scrivere la mia storia.

Quanta forza e sostegno sono necessari per ri-pensare una relazione fondata sull’amore libero da ogni tipo di violenza, fisica o psicologica che sia?
Questa è una bella domanda, perché ci vuole tanta forza per pensare fuori dagli schemi, di confrontarsi con il partner, arrivare alla consapevolezza e di ribellarsi quando si verifica violenza fisica o psicologica. La violenza fisica si nota subito, ma la violenza psicologica è più sottile. È fondamentale non perdere il rispetto per la persona amata e mantenere se stessi allo stesso livello, di non avere paura di comunicare, se necessario con l’aiuto di un specialista.

È possibile oggi, volgendo uno sguardo verso il passato, trovare qualche aspetto positivo relativamente a quanto accaduto?
Non possiamo cambiare l’accaduto ma possiamo imparare dai nostri sbagli e dagli sbagli altrui. Sostenere mia madre mi ha reso una persona responsabile e vedere le sue debolezze e i suoi errori, mi ha fatto capire presto che siamo tutti essere umani e non siamo impeccabili. Sono diventata una persona empatica e affidabile grazie al passato, che mi ha spinto a non rassegnarmi, ma a cercare un via d’uscita dalla crisi.

In una storia come la sua, c’è spazio per il perdono?
Assolutamente sì, c’è spazio per il perdono, ma non per tutti, per quelli che ho amato sì, invece per le persone che mi hanno tolto la dignità, no.

Come la sua storia può essere d’insegnamento e cosa vuole affidare ai lettori?
La mia storia potrebbe insegnare a non perdere mai la fiducia in noi stessi e negli altri nonostante gli eventi difficili o negativi. Che possiamo superarli ed uscirne e di non avere paura di farsi aiutare, che nessuno è infallibile o un supereroe. Questi esistono nei film e nei libri e ci fanno sognare la giustizia e un mondo migliore.
Mi auguro che i lettori abbiano il coraggio e la consapevolezza di cambiare gli stereotipi e non smettano di sognare un futuro migliore.

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