- Rassegna Stampa
Michelle osservava l’immensa distesa d’acqua sotto il chiarore luccicante della luna riflessa a specchio nel mare. Era autunno e il sole calava presto, lasciando spazio alla magia della sera.
Si sentiva persa, come quel tronco su cui sedeva, arenato dalla mareggiata chissà da dove e chissà da quanto. Anche lei avrebbe voluto lasciarsi trasportare, lontano senza meta, senza pensieri, senza passato né futuro, per naufragare nella tranquillità del tempo.
Assorta nei pensieri, rotolava con una mano la fede tra le dita per assicurarsi che l’intreccio fosse ancora ben saldo, come quando le era stato regalato un tempo lontano, ma così vicino al cuore.
Quella mattina si era svegliata con la voglia di andare al mare, così era uscita prima dal lavoro e si era diretta verso Southenon- sea, la costa in quel periodo dell’anno era qualcosa di affascinante. Lontano da tutti, nella più completa solitudine, voleva parlare al suo cuore e sentire i battiti che pulsavano senza freni né inibizioni.
Davanti a quell’immensa distesa d’acqua, come naufraghi in balia del vento di passione, i ricordi si librarono rievocando emozioni vissute.
Il movimento ondoso le bagnò i piedi e un brivido la scosse da quell’incanto. Era stata in contemplazione per troppe ore, se ne rese conto guardando l’orologio, doveva fare rientro a casa, altrimenti si sarebbero preoccupati non vedendola tornare per tempo.
Era cresciuta con i nonni materni che si erano presi cura di lei come una figlia. La morte dei suoi genitori a causa di un tragico incidente stradale quando era ancora piccola, aveva influito non poco nel corso della sua vita, forgiandone inevitabilmente il carattere.
Sensibile e un po’ chiusa, non amava la mondanità, preferiva starsene da sola a godersi un tramonto sul mare, osservando i gabbiani volare spensierati e liberi nell’immensità del cielo.
Fin da piccola aveva accusato una certa insofferenza all’ingiustizia e spesso si era trovata a difendere i deboli rimettendoci personalmente, ma era più forte di lei, non sopportava i soprusi e aveva una predisposizione alla difesa dei diritti umani, per questo aveva scelto di diventare assistente sociale, per potersi dedicare a chi aveva bisogno d’aiuto.
Per laurearsi era stata costretta ad allontanarsi da casa e trasferirsi in una grande città come Londra, senza conoscere nessuno, completamente sola, ma ce l’aveva fatta per la grande tenacia che l’accompagnava sempre quando aveva il desiderio di realizzare un sogno.
Ritornava dai nonni ogni fine settimana, ma dopo poco tempo si era integrata talmente bene da non riuscire più a vivere nella cittadina d’origine, che sicuramente non offriva quello che poteva offrire una metropoli come Londra.
Nei primi tempi era andata ad abitare con alcune studentesse che come lei provenivano da altre città. La convivenza non era stata facile, ma ciò che l’aveva aiutata a sopportare quel periodo e a superarlo, era stata la convenienza di poter dividere le spese, così da pesare meno possibile sui poveri nonni che facevano già tanti sacrifici per farla studiare.
Aveva messo in conto tutti i problemi da affrontare per raggiungere il suo scopo ed era stata determinata ad andare fino in fondo e non mollare mai, neanche quando la tristezza e la solitudine s’impossessavano della quotidianità.
Era riuscita a presentare la tesi nei tempi previsti e ad assicurarsi la laurea con ottimi voti, tanto che i professori l’avevano raccomandata ad un centro d’assistenza dove ancora lavorava come assistente sociale. Era stata brava, aveva raggiunto il suo sogno.
Nel periodo dell’università aveva conosciuto Raphael, frequentava la facoltà di giurisprudenza per diventare un bravo avvocato. Erano completamente diversi, lei un’eterna sognatrice e lui più concreto, un vero uomo di legge. Insieme avevano condiviso quegli anni difficili e ancor di più li aveva uniti il sentirsi soli, così sembrò quasi naturale innamorarsi e andare a vivere insieme.
Si alzò da dove sedeva e si avviò verso la macchina parcheggiata sulla litoranea di Western Esplanade.
Prese il cellulare, formò un numero e dopo pochi istanti all’altro capo una voce rispose “pronto, sei tu Miky?”.
“Si Fabrian sono io, avevo bisogno di una voce amica, ho ascoltato il tuo consiglio e così ti ho chiamato. Sai le due personalità sono di nuovo in lotta tra loro” disse ironizzando su se stessa.
“Hai fatto bene, lo sai che mi fa sempre piacere sentirti. Delle due personalità quale è quella che ti è più simpatica?” scherzò Fabrian.
“In assoluto quella di Hyde” affermò convinta, sottintendendo la famosa parabola del dottor Jekyll e Mr. Hyde.
“E allora dagli retta e ascolta solo quella, senza chiederti troppe cose” asserì la voce al telefono.
Le mancava il caro amico con il quale era riuscita a confidare i suoi tormenti. L’aveva conosciuto nell’ultima missione svolta in Africa e proprio quell’ultima missione l’aveva segnata profondamente. Ritornata da poco tempo a casa non riusciva più a riprendere la quotidianità, quella quotidianità che fino a qualche anno prima la rendeva serena e appagata.
“A te come ti va, sei ancora in Africa? E i miei ragazzi come stanno?” chiese.
“Si, sono ancora in Africa, i ragazzi stanno bene anche se sentono molto la tua mancanza” rispose il medico.
“Salutameli tutti e abbracciali per me. Ciao mio caro amico ora chiudo” e dall’altra parte la voce di Fabrian rispose “stammi bene cara Miky e chiama ogni volta che senti il bisogno di una voce amica”.
Era proprio così, a volte bastava sentire una voce amica per stare meglio.
Chiuse la comunicazione e salì in auto, allacciò la cintura di sicurezza, accese il motore e in automatico si propagò nell’abitacolo la melodia; alla radio mandavano in onda una canzone che le fece venire i brividi. I ricordi non volevano lasciarla, era destino che ogni cosa le ricordasse lui.
Mise in moto e partì spedita, di lì a poco sarebbe arrivata a casa. Di solito anche suo marito tornava alla stessa ora e tutti insieme avrebbero cenato come ogni sera.
Tutto procedeva come sempre, apparentemente senza problemi. In fondo di cosa poteva lamentarsi, aveva una bella casa, un ottimo lavoro, un bravo marito e due figli sani e belli, una vita da invidiare, chi avrebbe potuto capire.
Invece dentro il suo cuore imperversava una furiosa tempesta di emozioni e contraddizioni, era ossessionata dal ricordo di lui, ma non trovava il coraggio di fare una scelta definitiva.
Parcheggiò l’auto e salì a casa.
Appena aprì la porta Banfy abbaiò e le saltò addosso felice di vederla come ogni volta che rincasava, mai stanco di manifestarle il suo affetto. Lo aveva trovato qualche tempo prima, ferito e impaurito e da allora era sempre stato con loro.
Suo marito era già arrivato, si salutarono e iniziarono ad apparecchiare la tavola.
“Ciao mamma, che c’è per cena stasera” disse Manuel baciandola affettuosamente su una guancia.
“Ho preparato il pollo che a te piace tanto” rispose Michelle contraccambiando affettuosamente il bacio. Manuel era il figlio minore, aveva compiuto 17 anni e iniziava a sentirsi adulto e con un gran desiderio di libertà. Somigliava incredibilmente a sua madre, sia nel fisico che nel carattere e il rapporto tra i due era ottimo.
Subito dopo arrivò anche Denise, la maggiore, da un po’ di giorni era tornata a casa dal college per stare un po’ con sua madre. Con lei Michelle, per tantissimi anni, aveva avuto uno scontro quasi giornaliero, due caratteri forti che si sfidavano in ogni occasione. Per Denise sua madre era stata una palestra di vita, l’aveva combattuta fino all’ultimo respiro e dal canto suo Michelle non aveva mai mollato, così erano andate avanti per anni, tra alti e bassi, tra sorrisi e lacrime. Poi qualcosa era cambiato, quando Denise aveva raggiunto la maggiore età e forse anche la maturità, così quel rapporto burrascoso si era trasformato in un ottimo rapporto d’amore materno e di complicità tra donne.
Era bello ritrovarsi tutti insieme come un tempo ed era cosciente che la scelta che doveva prendere poteva influire anche su quei momenti a cui teneva molto. Si misero a tavola e consumarono la cena raccontandosi com’era andata la giornata.
La notte per Michelle era il momento preferito, senza impegni la mente poteva volare nel silenzio della quiete e immergersi nei pensieri.
“Come continuerà la mia vita con il ricordo di Jonathan che mi martella dentro? Non è facile andare avanti e dimenticare quello che è stato”.
Mirella Santoniccolo Nata a Roma il 14.8.1959 dove vive e lavora, inizia a scrivere un po’ di anni fa, quando le emozioni soffocate dentro scalpitano per uscire e come una farfalla colorata scopre di saper volare. Inizia a scrivere poesie, la sua prima pubblicazione nel 2012, una silloge poetica “Dove osano le aquile” edita dalla casa editrice Rupe Mutevole.
Ad un certo punto della sua vita sente la necessità di stimoli nuovi, più impegnativi e senza rendersene conto si ritrova dentro un romanzo. La storia si materializza sotto la sua penna, è emozionante dare vita ad ogni pagina diventando la protagonista di un mondo fantasticato interamente da lei, così nasce “Sopra le nuvole il paradiso”.
Selezionata dalla casa Editrice Signorini pubblica alcune poesie nel libro d’arte “Le verità nascoste”.
Elio Pecora la inserisce nell’antologia dei nuovi autori contemporanei “Viaggi in versi” casa Editrice Pagine
“Un’esperienza eccitante” e “L’uomo dei sogni” sono due racconti brevi pubblicati nel libro “Sfumature in Jazz”.
Il racconto “Il diavolo a caccia di anime” è stato premiato con la menzione speciale teatro.
Con “Un destino crudele” e la poesia “Ti ritroverò” è presente nel libro “Qui dove camminano gli angeli” Edizione David and Matthaus.
“La fata di luce” ha vinto il concorso “Volando tra i fili d’erba e nubi rosa” Edizione Rupe Mutevole.
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